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Codice: 9788879694469

La Storia d’impresa è un settore della Storia economica e, come la Storia economica, si colloca fra più culture. È stato Carlo M. Cipolla ad affermare che la Storia economica si colloca tra una cultura umanistica (la Storia) e una cultura scientifica (l’Economia): da una parte c’è una forte componente umanistica, che è data dalla tradizionale storiografia, spesso rivolta alla critica delle fonti e alla contestualizzazione dei fatti economici all’interno delle più generali vicende politiche, sociali, istituzionali, culturali ecc.; dall’altra c’è una cultura economica che tende ad essere inevitabilmente più attenta al dato numerico, più portata alla formalizzazione matematica, più proiettata verso una modellistica talvolta astratta o comunque verso astrazioni matematiche. La Storia economica dovrebbe fare sintesi fra queste due culture e dovrebbe farlo con un equilibrio che non sempre è facile. A sua volta la Storia d’impresa deve spesso far ricorso anche ad altre competenze, provenienti dall’economia aziendale o dalle scienze giuridiche e fare sintesi si rivela altrettanto difficile.

La Storia d’impresa, come disciplina, ha trovato un adeguato riconoscimento nel mondo accademico soltanto da pochi decenni: in Francia, ad esempio la prima cattedra di Storia d’impresa venne istituita presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi nel 1985; in Italia soltanto negli ultimi anni del secolo. Eppure negli Stati Uniti le cattedre di business history erano comparse fin dagli inizi del Novecento; si erano differenziate dalla Storia economica tradizionale rifiutandone l’orientamento macroeconomico e la tendenza alla generalizzazione e privilegiando invece lo studio di singoli casi aziendali.

Nella più famosa di queste scuole, la Harvard Business School, si sono formati due dei più importanti storici d’impresa, noti anche in Italia: David Landes e Alfred Chandler; a loro si devono, come scrive Pier Angelo Toninelli, gli studi sulle questioni fondamentali della Storia d’impresa: «il ruolo delle innovazioni, i feedback fra imprese e società, l’interazione fra strategia e struttura, la costruzione delle organizzazioni», cioè la gestione e il governo dell’impresa. Proprio per il ruolo svolto da questi due studiosi, importanti si sono rivelate in Italia le traduzioni di alcune delle loro principali opere, dal Prometeo liberato a La ricchezza e la povertà delle nazioni di Landes e da Strategia e struttura a Dimensione e diversificazione di Chandler. Più tardi un ruolo analogo svolgerà Il vantaggio competitivo delle nazioni di Michael E. Porter.

Oggi anche in Italia la Storia d’impresa è uno dei settori più dinamici e innovativi della Storia economica. Un suo merito è sicuramente quello di aver favorito il passaggio da un approccio macroeconomico a uno microeconomico. Come è noto, a lungo la storiografia che si è occupata dello sviluppo economico italiano ha affrontato il tema analizzando il processo di industrializzazione dei Paesi più avanzati, indagando i motivi del ritardo italiano e ricercando i “fattori sostitutivi” che avevano poi permesso all’Italia di “agganciare” i Paesi già industrializzati. In tal modo, per spiegare la dinamica dell’industria italiana, è stato sottolineato il ruolo di due “protagonisti”: la banca e lo Stato. Sono stati anche indagati altri aspetti come la struttura settoriale, la dimensione del mercato, l’andamento di singoli comparti industriali, il ruolo dello Stato nello sviluppo del sistema delle imprese, gli investimenti in innovazione e in ricerca e sviluppo, ma lo si è fatto sempre all’interno di una logica macroeconomica e con l’obiettivo di spiegare lo sviluppo (o il mancato sviluppo) economico italiano e di individuare le politiche necessarie per favorire tale sviluppo.

A partire dagli anni Settanta, anche per effetto della rivoluzione tecnologica allora in atto e della crisi del paradigma fordista, la storiografia si è orientata più decisamente verso un approccio microeconomico. Come hanno scritto Renato Giannetti e Michelangelo Vasta, “l’attenzione si è focalizzata allora sui singoli attori, di cui sono state analizzate le strategie e la varietà delle formule organizzative adottate”. 

In precedenza non erano mancati gli studi su singole imprese, ma si trattava sempre di grandi imprese che, descritte prestando attenzione a categorie come dimensione, potere di mercato, performance e capacità innovativa, venivano analizzate in quanto considerate “motore dello sviluppo economico”. Ora non ci si pone più l’obiettivo della generalizzazione, ma si sceglie di indagare il singolo problema o il singolo caso aziendale applicando le metodologie introdotte dalla business history americana.

Vengono così studiate le storie di imprese come la Edison, la Marzotto, la Montecatini, l’Ansaldo, nonché la Rinascente. Amatori e Colli pubblicano un volume che si pone espressamente l’obiettivo di analizzare “l’evoluzione dell’impresa industriale” italiana, guardandola “dall’interno” e considerandone “gli obiettivi conseguiti, le risorse mobilitate, i disegni organizzativi predisposti per realizzarli”. Intanto, mentre Franco Amatori elabora un Dizionario biografico degli imprenditori marchigiani, vengono valorizzate le esperienze di piccole imprese; è nell’ambito di questo nuovo approccio, favorito anche da economisti “anomali” come Giorgio Fuà e Giacomo Becattini, che si presta attenzione alla formazione dei nuovi distretti industriali e, qualche anno dopo, all’emergere delle medie imprese, in forte crescita nella struttura industriale del Paese e ormai definite “il quarto capitalismo”. Nelle indagini sulle strategie degli attori economici si riconsidera poi il ruolo della famiglia, giungendo a una diversa valutazione del rapporto tra famiglia e impresa e più in generale del cosiddetto “capitalismo familiare”. Infine l’attenzione verso i comportamenti microeconomici spinge a studiare anche i temi della governance delle imprese e ad analizzare il ruolo dell’imprenditore e del management. 

Un ruolo importante nell’affermazione della Storia d’impresa in Italia viene svolto dall’Associazione di Storia e Studi sull’impresa (ASSI). Nata nel 1983 e presieduta prima da Giulio Sapelli e poi da Franco Amatori, l’Associazione (poi trasformata in Fondazione) a partire dal 1985 ha organizzato numerose Settimane di Storia d’impresa con relatori d’eccezione come David Landes, Alfred Chandler, Leslie Hannah e Jurgen Kocka, ha pubblicato annualmente un Annale e contemporaneamente ha promosso una collana di studi dedicati alla Storia d’impresa. Ha poi organizzato le Settimane di Storia d’impresa che inizialmente si tenevano a Villalago di Terni, nella sede dell’Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Momigliano” (ICSIM), dove verrà istituita anche una Scuola in Economia e Storia d’impresa; in seguito, dal 1991, sono state spostate a Milano, presso la Camera di Commercio o a Castellanza, presso la LIUC (Libero Istituto Universitario Carlo Cattaneo). Nel frattempo dal 1988 il gruppo dell’Assi aveva dato vita anche a una rivista inizialmente intitolata “Archivi e Imprese” e poi trasformatasi in “Imprese e storia”. Fra i principali frutti di quella stagione Franco Amatori ritiene di doverne sottolineare due: la traduzione del ponderoso volume (1026 pagine) Dimensione e diversificazione di Alfred Chandler, edito dal Mulino nel 1994, e la pubblicazione nel 1999 dell’altrettanto ponderoso L’industria edito da Einaudi come quindicesimo volume degli Annali della Storia d’Italia, ma va ricordato anche il volume Comunità di imprese che aveva messo a confronto diverse realtà industriali: tre metropoli, una regione, tre distretti industriali e due aree di prima industrializzazione.

Con la nascita dell’Assi si entra in quella che Giulio Sapelli ha chiamato «la seconda stagione di storia dell’impresa in Italia». Da quegli anni le storie aziendali si sono moltiplicate, ma molto resta ancora da fare. Si tratta innanzitutto di salvare dalla dispersione il patrimonio archivistico di tante piccole e medie imprese che, meno sensibili di quelle grandi, appena possono si liberano delle loro carte aziendali; si tratta di far conoscere i musei d’impresa sorti negli ultimi anni anche nelle Marche; si tratta di valorizzare il patrimonio di archeologia industriale di cui pure le Marche sono ricche. Soprattutto si tratta di ricostruire le storie di tante imprese, vecchie e nuove, e di far comprendere ai piccoli imprenditori quello che le grandi imprese hanno capito da tempo: gli studi sull’importanza dei fattori immateriali ai fini dello sviluppo hanno dimostrato quanto sia importante rafforzare la cultura d’impresa, conoscere le vicende storiche dell’impresa e riflettere sull’evoluzione di un’esperienza aziendale; gli imprenditori e i manager che la considerano soltanto una curiosità non comprendono che quel patrimonio conoscitivo oggi viene considerato essenziale per la crescita economica dell’impresa.

In questo fascicolo sono raccolte alcune storie di imprese industriali marchigiane; si va dalla Merloni al Cementificio Scarfiotti, dal Gruppo Guzzini alla Loccioni; da NeroGiardini alla Amicucci Formazione. Quindi imprese diverse, grandi e piccole, operanti anche in settori diversi: prevale ovviamente l’industria, ma non manca un settore nuovissimo come l’e-Learning. Completano la sezione monografica di «Marca/Marche» il testo di una conferenza di Franco Amatori che, come si è detto, continua ad essere il punto di riferimento della Storia d’impresa in Italia. Anche la “Rilettura” proposta è di Franco Amatori: è il testo della “Lezione Sergio Anselmi” tenuta a Senigallia il 5 novembre 2005.

Per la nostra rivista si apre un campo di indagine nuovo, anche se già toccato con vari contributi, ad esempio quelli dedicati alle imprese familiari del Novecento nel numero 10 e alle cartiere fabrianesi nei numeri 10 e 11; e con questo fascicolo ci auguriamo di dare un contributo alla valorizzazione di un tema che può svolgere un ruolo importante nella ricostruzione dell’identità collettiva del territorio regionale, quell’identità che si è sedimentata nel patrimonio industriale, inteso nella sua accezione più ampia, come patrimonio non solo architettonico e monumentale, ma anche archivistico e culturale.

 

Caratteristiche del volume:

Ft. 170x240 mm, 2019, 358 pp.


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