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Codice: 9788879693929

I rapporti tra l’abbazia di Farfa ed i suoi possessi marchigiani nel loro divenire sono stati affrontati nel tempo da numerosi ottimi studiosi, con un’ottica, però, che ha finito per deformare, più o meno fortemente, alcuni aspetti particolarmente salienti di questo percorso che non sempre è agevole delineare. Neppure la presenza di una copiosa quantità di fonti scritte altomedievali relative in particolar modo all’abbazia sabina, tramandate dal monaco cronista Gregorio da Catino, permette di tratteggiare uno scenario certo, che, pur nella sua complessità, sia in grado di restituire un’immagine non troppo sfocata di questi rapporti e delle reciproche influenze che si sono sviluppate nel tempo.

Un ulteriore fattore di complicazione è costituito dalla disparità dell’approccio storiografico che si è sviluppato recentemente intorno all’abbazia di Farfa, legato ovviamente alla sua dimensione storica, con scarsa ed episodica attenzione ai rapporti con le aree periferiche dei suoi possessi, in particolare quelli della Marca, mentre invece la vivace storiografia marchigiana è stata da sempre attenta ad indagare, sia pure in senso inverso, questi aspetti. Solo per citare, con un primo riferimento di merito per due grandi eruditi del Settecento che se ne sono occupati con notevole acribia per il periodo storico nel quale sono vissuti, come l’abate Giuseppe Colucci ed il canonico alsaziano Joseph Anton Vogel, tra i contributi più recenti e maggiormente significativi, vorrei ricordare Anna Luciana Palazzi Caluori, Delio Pacini, Giuseppe Avarucci, Emilia Saracco Previdi, Valter Laudadio, Giuseppe Crocetti, Elisabetta Archetti Giampaolini, Maria Elma Grelli, Roberto Bernacchia. Un compito notevole lo ha svolto il Centro di studi farfensi a Santa Vittoria in Matenano, animato da Vito Fumagalli, il cui ultimo convegno ha provato a saldare gli aspetti di ordine più generale con quelli maggiormente specifici a livello locale per riavviare su nuove basi una ricerca storiografica comparativa che merita ulteriori approfondimenti su molti temi che mi sembrano ancora non compiutamente affrontati e risolti.

In questo scenario un ruolo importante, sia pur a livello locale, hanno svolto gli studi e le ricerche dedicati a singoli territori, i quali hanno attinto informazioni di buona portata sulle origini dei loro centri dai documenti farfensi. Il filone di ricerca nell’area picena sulle fonti farfensi e sui suoi possedimenti ovviamente non si è esaurito nelle ricerche già compiute, ma ancor oggi suscita l’interesse di nuovi giovani studiosi, come ad esempio quello di Elena Franca, che si è laureata all’università di Bologna nel 2010 con una tesi magistrale dal titolo “Fermo tra tardo antico e alto medioevo”, e con una sintesi comparsa recentemente in due tappe sulla rivista «Marca/Marche». A livello pionieristico è invece la ricerca su di un altro monastero altomedievale sabino che aveva ingenti possedimenti tra Piceno e Abruzzo, San Salvatore Maggiore, con alcuni primi approcci in particolare di Martina Cameli, alla quale va anche il merito di numerose pubblicazioni sulle carte del capitolo della cattedrale ascolana, culminate con l’edizione del codice diplomatico relativo.

 

Caratteristiche del volume:

Ft. 170x240 mm, 2017, 272 pp.


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