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Codice: 9788879692137

Maura Iacopini

Pio Panfili pittore e incisore

coordinatore Luigi Dania

introduzione Sandra di Provvido

 

Caratteristiche del volume:

Ft. 240x310 mm, 2006, 144 pp., illustrato, cartonato con sovraccoperta

€ 35,00

 

Finalmente adeguato risalto viene tributato alla personalità di Pio Panfili dall'attenta analisi che della sua vita, delle sue opere e della sua evoluzione stilistica ha fatto la studiosa Maura Iacopini, che su di lui accentrò, già negli anni 1977-78, le ricerche della sua tesi di laurea e che oggi torna a fare il punto sulla comprensione dell’apporto dell'attività dell'artista sangiorgese nella vicenda culturale non soltanto marchigiana della seconda metà del Settecento.

La sua produzione va dall'affresco all'incisione, dapprima prevalentemente in ambito fermano, poi nella città di Bologna, in cui egli, dopo esserne stato allievo, fu membro dell'Accademia Clementina. Fermo vanta massimamente lo spessore artistico e civico degli affreschi della Sala dell'Aquila nel Palazzo dei Priori, con magnifici effetti di dilatazione spaziale, la raffinatezza delle decorazioni dei soffitti del Duomo, di quattro sale e della cappellina di Palazzo Guerrieri, e la vicina Montegiorgio l'eleganza del soffitto della scalea del convento dei Minori Francescani, opere cui sono dedicati singoli capitoli nell'organica disamina della Iacopini; la città felsinea fu immortalata con tecnica magistrale, con una verità e una minuzia che potremmo dire fotografiche, in straordinarie incisioni che ne restituiscono fedelmente il volto dell'epoca, con l'antica Dogana e le Carceri, la strada detta Mercato di mezzo, la Seliciata di S. Francesco... , ma soprattutto con l'umana e realistica vivacità dei personaggi di cui le vie e le piazze del tempo brulicavano, spesso colti in sapide scenette, che si possono gustare attraverso le copiose e pregevoli illustrazioni della pubblicazione. Della stessa Fermo, il piacevole incisore ha lasciato testimonianze interessantissime in alcuni capilettera, da cui riemergono, nella «S», l'aspetto della Cattedrale prima del rifacimento del Morelli, nella «V» le lapidi con stemmi ed iscrizioni che furono poi scalpellate dai napoleonidi e le due piramidi in pietra alla base della doppia scalea nel Palazzo dei Priori.

Le varie vedute, nel solco delle prospettive scenografiche della migliore tradizione quadraturista emiliana, che aveva trovato il proprio fulcro nei Bibiena, si volgono via via a compenetrare i canoni novatori e si possono porre di frequente a raffronto con le contemporanee e più note visuali veneziane. Interessante la grafica: dall'analisi dei numerosi fogli, conservati per la massima parte a Bologna, che consistono in studi preparatori per l'attività incisoria, quale era probabilmente il bellissimo paesaggio di Servigliano già segnalato da Luigi Dania, e in vedute e paesaggi di uno spiccato senso pittorico e naturalistico, la Iacopini trae il profilo di «un insolito Panfili che si giova di toni delicati, sfumature, ombreggiature, riuscendo a rendere un'atmosfera rarefatta»: «non ci sono più le solite figurine o le lunghe processioni ad animare Bologna, ma strade ed ampie piazze deserte... le zone d'ombra e la penombra solitaria dei portici, mentre improvvise lamine di luce irrompono nelle vie silenziose». Di particolare rilevanza appare quel foglio, cui la studiosa dedica la giusta attenzione, in cui sfilano «volti atteggiati in strane smorfie e paurosi ghigni», con occhi «incavati, straordinariamente rotondi, cerchiati di nero, quasi vuoti», «che rivelano trasalimenti ed inquietudini» ed aprono uno spiraglio su aspetti ignoti del temperamento dell'autore, solitamente sereno e tranquillo, ma a volte anche vivace ed arguto nel fissare gli angoli caratteristici della città e nel popolarli di figurine tipiche.

Per la prima volta Panfili, che a Bologna ha goduto, nel tempo, di positivi contributi critici, riceve l'attenzione e la rilevanza che merita da una studiosa della sua terra, dove, a dir la verità, non è stata ancora ricomposta la lapide, spezzatasi ed obliata, che il 5 maggio 1923 gli era stata dedicata dal Comune di Porto San Giorgio.

Si auspica che la lettura unitaria della complessa opera di Pio Panfili possa rinnovare un interessante dibattito sui suoi legami col contesto storico-sociale e culturale, col risultato di una profonda riappropriazione della sua identità e di una vasta diffusione della sua notorietà nell'ambito della conoscenza del patrimonio artistico che con tanto amore la città di Fermo ha sempre saputo tutelare.


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