Codice: 9788879692328
Nella storia della cultura italiana gli antichi notai vantano molte benemerenze, non solo per aver conservato nelle loro carte le tracce della lingua delle origini – come, ad esempio, nei famosi Placiti cassinesi – o per aver trascritto i versi dei poeti toscani o stilnovisti, ma anche per aver contribuito allo sviluppo della storiografia e della trattatistica politica. Il fermano Antonio di Nicolò, vissuto tra ’300 e ’400, notarius publicus, come egli stesso si definisce all’inizio della sua Cronaca, appartiene a quella variegata famiglia di pubblici funzionari che hanno conservato la memoria di notizie ed avvenimenti che diversamente nessuno avrebbe salvato dagli abissi della dimenticanza. Il testo del più antico storico della città di Fermo, al quale hanno attinto generazioni di studiosi, si presenta in una forma apparentemente dimessa: una lunga sequela di accadimenti in ordine cronologico annotati più o meno brevemente, senza preoccupazioni esegetiche e stilistiche. Mentre nella Firenze del primo Quattrocento Leonardo Bruni compone il primo grande monumento della storiografia umanistica (Historiarum florentini populi libri XII, 1444), al di là degli Appennini un oscuro notaio sembra seguire una pratica di scrittura da tempo avviata al tramonto. Il confronto non è ovviamente ispirato dal buon senso e risulta irriverente nei riguardi del grande umanista fiorentino. Eppure non è del tutto inutile se consideriamo l’opera del notaio fermano nello sviluppo storico di un genere letterario che tra Medioevo ed Età moderna conosce una grande varietà di percorsi di formalizzazione.
Caratteristiche del volume:
Ft. 170x240 mm, 2008, pp. 312, copertina cartonata